E' stato recentemente scoperto nell'area sottostante la stazione ferroviara del Comune di Formia un anfiteatro romano. Già si sapeva della sua esistenza, sia perchè individuato dal Mattej sia dagli studi effettuati dalla Soprintendenza attraverso le mappe catastale, fotografie aeree e dai reperti che si osservano su via lavanga e all'interno di alcuni locali interrati di edifici limitrofi adiacenti l'area.
Le indagini archeologiche avviate sin dalla primavera scorsa stanno riportando alla luce un anfiteatro romano situato sotto il declivio del piazzale della stazione a Formia.
Al momento emerge solo una porzione dell’edificio, realizzato nell’immediato suburbio dell’abitato, come urbanisticamente e usualmente accadeva nella struttura delle città romane a cui Formia si adattò nel I sec. d.C., raggiungibile anche dal mare.
L’edificio o parte dell’edificio che si sta liberando si mostra perfettamente conservato, senza superfetazioni e sovrapposizioni di altre epoche, anche perché l’area sembrerebbe, per la parte sin qui emersa, rimasta inedificata da sempre.
Le indagini al momento hanno interessato parte della cavea e andranno avanti sino all’arena.
Sono state affidate indagini geofisiche ad un equipe di topografi inglesi, altamente specializzati, della British School at Rome, i quali restituiranno con apposita strumentazione di rilievo la sagoma dell’edificio antico. Ciò sarà sicuramente di aiuto nel prosieguo degli scavi al fine di una più specifica localizzazione degli stessi nelle parti specifiche.
Nuovi elementi sono emersi da indagini topografiche e geomorfologiche dei luoghi tra cui strutture inglobate in un locale al piano terreno su Via anfiteatro, il quale presenta una parte della propria volta di copertura ad opus coementitum, e in un giardino retrostante dove emergono resti di ambienti voltati a botte, che facilmente possono essere ricondotti ad elementi costitutivi della cavea dell’anfiteatro. Ed aiutano contestualmente anche a definirne meglio le misure massime della “fabbrica” che sono di gran lunga maggiori dello spazio simil ovale definite nella planimetria catastale, con asse maggiore di mt. 83 ed asse minore di mt. 52. La porzione di edificio che è emersa dagli scavi riguarda il rinvenimento di sei ambienti coperti con volta a “botte” in opus coementitum e disposti a “raggiera” che molto probabilmente erano la struttura basamentale su cui si impostava la cavea(le gradonate) in pietra che accoglieva gli spettatori dei vari censi; parte di un altro ambiente, uno degli ingressi principali dell’edificio (in genere ve ne erano quattro posizionati in modo assialmente perpendicolare) consentiva il passaggio all’arena e, attraverso l’ambulacro e alle scale al podium. Parte dell’ ambulacro è stato ritrovato con le pareti rivestite ad intonaco. Molte le murature di grande qualità che risultano realizzate in opus raeticolatum in calcare molto probabilmente poste in opera da maestranze romane o napoletane.
Questo dato è importante poiché suggerisce agli archeologi di datare l’opera nell’Età Giulio Claudia(41-84 d.C.) e quindi nella prima metà del I sec. d.C., un secolo prima rispetto a quanto ipotizzato inizialmente dagli studiosi la cui valutazione era stata dettata da analisi quasi esclusivamente di raffronto, topografiche, fotografiche e di superficie. Gli archi di un corridoio presentano muratura in opus latericium con gli stipiti laterali di base in opus mixtum, composti alternativamente da strati di mattoni (latericium) e pietra squadrata(quadratum). Nell’area di scavo si sono ritrovati altri locali, pezzi di colonne e di resti di altro materiale ancora da catalogare e definire. I corridoi voltati a “botte” erano la struttura principale di sostegno dell’anfiteatro. Essi sostenevano i settori anulari che costituivano le cavee.
L’impianto, simile per dimensioni a quello di Pozzuoli, era probabilmente composto, secondo uno schema che si ripeteva usualmente e in modo classista per la tipologia di anfiteatri nella Roma antica, da:
_ un arena dove avvenivano i giochi che era chiusa tutt’intorno da un alto muro;
_ al livello del muro il “Podium”- un alto podio che affacciandosi direttamente sull’area era riservato ai cittadini più illustri(i Senatores);
poi vi era la gradonata vera e propria chiamata cavea e differenziata in modo da potersi distinguersi in:
_ l’Ima Cavea (moenianum primum) che era riservata alle diverse classi di uomini liberi (equites, plebei-populus);
_ la Media Cavea(moenianum secundum imum) riservata alla donne ed era divisa da recinzioni lignee o a muraglia chiamate Praecinctiones;
_ la Summa Cavea (moenianum secundum summum) riservata ai servi, schiavi liberti, peregrini, stranieri;
_ Sotto l’arena vi era scavato un ampio sotterraneo per l’utilizzo di eventuali macchinari destinati agli spettacoli e locali per gli animali e di deposito.
L'anfiteatro è un edificio di forma ellittica utilizzato per giochi e spettacoli pubblici. Usato per i giochi dei gladiatori (Munera) e per le Venationes(gare-scontri che avvenivano tra gladiatori -o uomini vestiti come essi- e animali come tigri, leoni, orsi, coccodrilli, rinoceronti etc.. Nelle sostruzioni o negli spazi tra le volte vi erano locali di servizio e deposito: magazzini per le attrezzature ed anche per gli scenari, i “carceres” a per lo stazionamento di animali destinati ai combattimenti, locali destinati ai gladiatori ed anche spazi di culto per coloro che si preparavano ai combattimenti; è possibile che vi fossero, almeno in quelli di maggiore importanza spazi per la movimentazione delle scene sotto la cavea e sopra.
Una scoperta, che ha quasi dell'incredibile, avvenuta a Ciampino(RM), ha messo in luce la Villa del famoso e potente personaggio romano Messalla, mecenate del poeta Ovidio, con il ritrovamento eccezionale di un gruppo di statue, risalenti all'età augustea, che, pare, siano collegate al mito Niobe.
Le sette statue ritrovate sono emerse nella "natatio" della Villa di Messalla, inserita in un più vasto spazio termale della stessa villa. La vasca della natatio, lunga oltre venti metri e mosaicata, ha consentito di conservare al suo interno sette statue e molti frammenti, che pare siano da ricondurre, secondo gli studi effettuati da parte del gruppo di archeologi della soprintendenza ai beni archeologici, sotto la direzione scientifica di Alessandro Betori, al mito di Niobe.