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Attualità


Piccole riflessioni su “sms e studio” a cura di Francesca Elpini e Mancini Giulia
Oggi per i ragazzi avere un cellulare è diventato un requisito essenziale per far parte di un gruppo, chi non è raggiungibile attraverso il telefonino rischia quasi di essere escluso dalle relazioni sociali della comitiva di appartenenza.
Il sistema dei messaggi telefonici ha avuto una grande diffusione grazie alle possibilità di conciliare un mezzo di comunicazione economico, scritto, conservabile e indiretto quanto una lettera. Prima, infatti, chi non riusciva ad esprimere qualcosa verbalmente, poteva farlo attraverso una cartolina o con una lettera. Ai giorni nostri ciò è possibile attraverso e-mail, o più alla portata di tutti, attraverso un sms.
Per i giovani gli sms diventano un mezzo per essere rassicurati del proprio valore, perché fanno sentire che qualcuno li pensa e considera loro e i loro pensieri, anche se spesso gli sms rischiano di sostituire le relazioni e la vita reale. La necessità di esprimere tanto attraverso un semplice messaggio ha portato allo sviluppo di un linguaggio sintetico, fatto di abbreviazioni e codici che è indubbiamente più diffuso tra i giovani e che rappresenta il vero rischio della dipendenza da sms.
In base a ciò che riferisce uno studio australiano dell’università Monash di Melbourne gli effetti degli sms sui ragazzi non sarebbero trascurabili: risulta evidente, da ciò che emerge dalla ricerca, che ad avere un influsso negativo sulle capacità mentali dei giovani è proprio il sistema del linguaggio sintetico il quale certamente farebbe in modo di diventare più veloci, ma determinerebbe nello svolgimento dei compiti una certa imprecisione. Per questo il loro rendimento mentale sarebbe più scarso in seguito proprio all’uso degli sms.
Inoltre uno studio-ricerca specifico realizzato dal Dipartimento di Sociologia dell’Università di Padova, Consumi culturali, mode e nuove dipendenze tra i giovani”, rivela come per i ragazzi delle scuole secondarie, sms, videogiochi violenti e Internet, abbiano una grande influenza e di come l’uso continuo incida fortemente sul rendimento scolastico.  
Non tutti però sono d’accordo con questa ricerca. Secondo uno studio della British Psychological Society di Londra, il linguaggio sintetico può “aiutare a migliorare le capacità letterarie” dei giovani. Anziché erodere il loro linguaggio, infatti, l’abitudine a scrivere messaggi può “aumentare la consapevolezza fonetica e la creatività linguistica” dei ragazzi.
Però è indubbio che la lingua rimane un po’ maltrattata, non esiste quasi più la punteggiatura, le parole sono abbreviate e magari postponendo consonanti-vocali  a volte, e che questo nuovo “slang” digitale si sostituisca non tanto alla lingua scritta vera e propria quanto all’impoverimento d’immaginazione che i termini generalmente creano nella nostra mente.
D’altro canto è pur sempre una nuova forma di creatività, quella fornita dal linguaggio abbreviato per ovviare alla scarsità di risorse finanziarie e di tempo, un discorso abbreviato costa  meno e si materiliazza in molto meno tempo; di cui però bisognerà stare attenti a coniugare il “fare” e “l’effetto” nel passaggio tra scrittura sms e linguaggio. La mediazione sarà possibile  se si discerne obiettivamente tra ciò che è da comunicare in forma abbreviata e il linguaggio compiuto di un concetto espresso grammaticamente e sintatticamante corretto.



"NON SOLO CIBO  PER IL CIBO"  a cura di Isabella Marrocco
Il cibo rappresenta un legame tra passato, presente e futuro davvero importante.
Ebbene si, il cibo è un argomento di discussione mai fuori tempo, mai fuori moda o poco moderno.
Già nell'antichità il cibo non veniva utilizzato esclusivamente per nutrirsi bensì già molto tempo fa aveva molteplici usi che tutt'oggi conosciamo e senza accorgercene utilizziamo ancora oggi.
I Romani, per esempio, organizzavano numerosi banchetti ricchi di cibi e bevande da consumare in compagnia di più persone. Il cibo non era visto come un alimento bensì come un piacere, una ricchezza.
Il cibo veniva utilizzato anche per altri scopi deiversi da quello di nutrirsi.
Alcuni prodotti come il sale, l'aceto, il miele, il vino hanno segnato tecniche di conservazione degli alimenti che tutt'oggi utilizziamo.
Ma non finisce qui. Ben pochi di noi sanno, per esempio, che il nome Fabio deriva dal latino "fava". 
Il cibo nel corso dei secoli è stata l'ispirazione di filosofi, letterari, poeti e artisti.
Basti pensare al famoso "Cenacolo di Da Vinci" che rappresenta un tavolo imbandito di pietanze di vario genere per celebrare "L'Ultima Cena".
Molteplici figure professionali e vari mestieri girano attorno al cibo, basti pensare a cuochi, ristoratori ecc. Ma anche dal punto di vista turistico il cibo crea un indotto non indifferente. 
Evidenti risultano quindi i rapporti che si sono creati e si creano tra cibo e contesto socio-culturale che si va passo, sinteticamente, ad analizzare.
Cibo e arte:
Fin dall’antichità era rappresentato nelle opere pittoriche il banchetto, ma dagli inizi del XX secolo il rapporto tra arte e cibo si è trasformato a causa di un progresso tecnico che ha prodotto un nuovo universo nell’arte stessa.
Cibo e religione:
Importante è il legame tra cibo e rito. La parola chiave, “la sacralità del cibo”, è una dimensione composta da precetti, riti, sacramenti e divieti (digiuni) nel culto ebraico, nelle confessioni cristiane e nella fede islamica.
Cibo e politica:
Un altro profondo legame è tra cibo e politica, sin da Cavour, quando con il patto della “crostata” nasceva la Seconda Repubblica. Un’evidente differenza vi è però tra i banchetti al tempo di Cavour e le cene raffinate di oggi.
Cibo e cinema:
Da una celeberrima battuta di Alberto Sordi in un suo film “Io me te magno”, il cinema italiano ha sempre mostrato relazioni con il cibo. Come nei film, davanti le nostre  tavole oltre a cibarsi si chiacchiera, si discute, si dialoga su svariati argomenti.
Cibo e storia(nel Medioevo):
Da un intervento di un docente di storia Medioevale si può capire che, una cucina specificatamente italiana non è mai esistita. Però si possono trovare saperi, ricette e invenzioni che sono i lineamenti di uno stile culinario italiano del Medioevo.
Cibo e pittura:
Anche la pittura ha un profondo collegamento con il cibo, rappresentato dal noto affresco dell’”Ultima Cena” di Leonardo. Vengono rappresentate varie pietanze a fare da compagnia ad un rito importante come “L’ultima cena”.
Cibo e divinità:
Nell’opera di Platone, “Il Simposio”, Apollo viene a patti con Dioniso, proprio a tavola, nel quale si realizzano la confusione e la convergenza.
Cibo tra Grecia e Roma:
Anche gli antichi erano molto legati al cibo. Nell’antica Grecia i banchetti erano una vera e propria formazione culturale individuale a differenza di Roma dove prevaleva la dimensione della festa e del piacere.




I danni del touchscreen  a cura della Redazione 


Il palmo della mano, sarebbe leso, secondo una nuova ricerca, e gravemente (!), da pc, telefoni mobili, tablet, laptop e netbook,  sui quali l’interfaccia della scrittura a mano “digitata” (con forza fisica sulle tastiere) viene sostituita con quella digitale del “touch” o “multi-touch” (con tocchi sul display). Rischiamo allora! Rischia la nostra salute?  
Secondo questa ricerca, realizzata da InfoWord,  le piattaforme- interfacce touch, ma soprattutto quelle multi-touch portano a stressare i muscoli delle dita, a “storpiare” con le posture innaturali che si assumono con il corpo e la mano. Da qui conseguentemente che le tastiere virtuali risultano peggiori di quelle materiali.
Sapevamo già, anche da articoli pubblicati su questo sito, che i dispositivi digitali interattivi creano problemi alla salute e al comportamento, segnalando quello della lingua, soprattutto quelli “mobili”: questi ultimi sono addirittura più pericolosi di quelli “fissi” per dita, muscoli e tendini e comportamento mentale.
Infatti la situazione ergonomica è a dir poco preoccupante se pensiamo che i “micro-schermi” vengono usati in contesti completamente diversi dalla tradizionale combinazione di “sedia+scrivania+tastiera+mouse”,  generando dannose posizioni del corpo.  Gli smartphone, i tablet phone con schermi multi-toch, sistemi che sono definiti “all-in-one”, sono orientati in modo verticale e, molto spesso vengono utilizzano mentre si cammina o si è in piedi o mentre e si fa altre cose o magari alla guida di un’autovettura, sono dal punto di vista ergonomico quelli più preoccupanti. La posizione del “tocco” è innaturale e faticosa e delicata per il nostro sistema muscolare delle mani.
La ricerca specifica che l’angolo ideale di uso di schermi  touch è di circa 30 gradi, ma ciò che destabilisce è che anche in questo caso, l’utente esercita una pressione sulla tastiera virtuale molto maggiore( 8 volte) di quella esercitata sulle tastiere fisiche, per la mancanza di feedback tattile.  Ciò, l’ aggiunto sforzo sulle dita, polsi e gli avambracci,  determina fenomeni degenerativi come la sindrome del “tunnel carpale” e la cosiddetta “tensione isometrica” che avviene di riflesso. Questa,  portando l’utente a tenere le dita “in sospensione”, per alcuni secondi, sullo schermo e anticipando la necessità del tocco, crea, anche qui,  problemi per i muscoli e i tendini delle mani oltre all’atteggiamento “mentale” , anch’esso “sospeso” ad attendere che l’operazione precedente si concluda.
Anche la vista ne risulta affaticata e stressata, se pensiamo ai piccolissimi caratteri che si visualizzano sui piccoli schermi del “mobile” anche se con risoluzioni sempre più definite("Full HD" 1920x1080 pixel), su un desktop/display  di diagonale di circa  4 pollici.

Si riportano alcuni dati della ricerca:
……..Dopo decenni di ricerca sulle interazioni uomo-macchina, gli esperti medici hanno individuato tre categorie di malattie legate al computer sia in uso tradizionale PC la nuova classe di dispositivi touchscreen:
Ripetuti movimento lesioni. Comunemente noto come RSIs, per gli infortuni lo stress ripetitivo, questi disturbi derivano da ricorrenti movimenti di grandi o piccoli che interessano le articolazioni, muscoli, tendini e nervi. Ad esempio, persone che usano frequentemente i pollici al tipo di messaggi di testo sui cellulari a volte sviluppano la sindrome di de Quervain, un doloroso afflizione che coinvolge i tendini che spostare il pollice. Anche se il nesso di causalità pure non è stabilita come nei pazienti che soffrono di dolore da uso prolungato desktop tastiera, non c'è dubbio che il troppo zelante scrivere può causare dolore debilitante.
Malattie causate da posture innaturali e forze. Strettamente imparentato con braccioli, questi disturbi si verificano quando persone i loro corpi in modi che inducono stress fisico, come ad esempio le mani troppo lontano verso l'interno o verso l'esterno di ribaltamento mentre toccando o mettendo forza sulla loro polsi durante la digitazione. Sindrome del tunnel carpale, forse la malattia più conosciuta in questa categoria, il risultato di pressione sul nervo mediano nel polso.
L'affaticamento degli occhi. Lottando per leggere il monitor di computer, sia perché i personaggi e le immagini non sono chiari, o perché lo schermo è oscurato da abbagliamento o riflessioni, può causare problemi che danno dolori fastidiosi. Definiva "computer vision syndrome" da alcuni medici oculisti, sintomi includono dolore oculare o arrossamento, offuscata o visione doppia e mal di testa.
Molte persone sono anche preoccupati per le radiazioni emesse dal monitor CRT vecchio stile e le radio cellulari smartphone e alcune compresse, come pure le radio Wi-Fi in vari dispositivi. La ricerca qui è stato contraddittoria, anche se il rischio è probabilmente basso se si seguono linee guida i costruttori per uso sicuro. ............
La proliferazione di touch screen fissi e mobili porterà, senza dubbio, a ulteriori ricerche per i potenziali rischi alla salute, ma ora dobbiamo essere consapevoli del fatto che i  nuovi dispositivi non sono privi ne immuni da problemi,  che a lungo hanno afflitto chi usava i computer tradizionali e che dovrebbero essere prese serie  precauzioni per evitare rischi di salute a lungo termine. Il sito della ricerca offre una serie di consigli per meglio adoperare i dispositivi  e per meglio difendersi preventivamente da danni alla salute.



E TU IN COSA CREDI?... un piccolo spunto di riflessione   a cura di isabella Marrocco

C’è chi ci crede e chi no, per alcuni è una ragione esistenziale mentre per altri è poco più di nulla, alcune persone ci dedicano la vita mentre altre ne fanno a meno, alcuni chiamano degli avvenimenti improbabili miracoli e altri pensano sia il fato, il destino….
 Ragazzi, l’importanza che diamo, oggi, alla religione è cambiata, come è cambiato il modo di vedere il mondo con tutte le sue molteplici sfaccettature.
Sicuramente negli odierni tempi la Chiesa non è sempre di buon esempio e non è sempre ben vista agli occhi di noi giovani. Se andiamo ad analizzare più nello specifico, oggi come oggi son ben poche o quasi nulle le istituzioni o le persone che ci danno realmente il buon esempio.
Ma il mondo è variegato, fortunatamente. Ci sono persone che hanno fede, quotidianamente e altre che non gliene può fregar di meno, atei e credenti, cristiani, islamici, ebrei, quante e tante sono le caratteristiche che differenziano ognuno di noi da un altro individuo? Molte sicuramente.
E come tali dobbiamo accettarle queste differenze. Anche se un pensiero non viene condiviso deve essere comunque accettato. 
Al giorno d’oggi ognuno ha una visione diversa sulla Chiesa o sulla religione, ma è giusto che ognuno di noi sia libero di fare la propria scelta, se crederci o no! 
La religione nei secoli è stato motivo di morte, di guerre, di delitti ma è stata anche motivo di felicità, di soddisfazione personale e ragione di vita…..
Ognuno la vede come vuole, tutto questo era  solo un spunto di riflessione!



   Le micidiali Smart Drugs...............un grave fenomeno in aumento    a cura di Claudia Meola
Negli ultimi anni si è modificato l’uso e il consumo di queste sostanze, il cui numero è cresciuto.  Con il termine “ smart drugs” cioè “droghe furbe” si intendono tutta una serie di composti sia di origine naturale che sintetica. Sono prodotti vegetali non classificati come stupefacenti che, però, assunti in grandi quantità diventano tossici e hanno effetti negativi sulla salute. Le “smart drugs”  promettono di aumentare le potenzialità cerebrali, la capacità di apprendimento e memoria nonché di migliorare le “performance” fisiche di chi le assume. Queste che è possibile acquistare anche in farmacia(!?) forniscono anche effetti psichedelici di “visioni sensoriali ed allucinogene” particolari, percezioni, sensazioni, emozioni e processi mentali in genere diversi la “normale”. Le cosiddette "droghe furbe" sono altamente tossiche, in particolare se vengono assunte da giovani, il cui sistema nervoso centrale non ha ancora completato il suo sviluppo. I ragazzi rischiano di incorrere in alterazioni cognitive, emotive e comportamentali permanenti che possono condizionare l'intera vita. Ancor più possono arrecare disturbi all'apparato cardiovascolare, respiratorio e nervoso centrale, allucinazioni visive, psicosi e paranoie.
Il messaggio che si vuole trasmettere a tutti, soprattutto i più giovani,  è quello di rendere consapevole che non è nella “natura umana” differenziarsi, da quello che si “è” e si “vive”, con qualunque tipo di droga e che le smart drugs non sono un prodotto sicuro solo perché sintetizzato da prodotti naturali, anzi, se prese senza ricetta medica alterano psico-fisico di ragazzi in sviluppo. E….. deve essere chiaro, ed ancor più pericoloso, che trovandoci di fronte a consumatori moderni, che utilizzano gli stessi principi attivi delle medicine tradizionali per scopi “voluttuari”,  convincerli che “trasgredire”, “alterarsi”, “allontanarsi” è aumentare la distanza del “proprio disagio” da chi li vuole comprenderli. E se questo fenomeno avvenga, come pare, principalmente per “tendenza”, dissuadere  e scoraggiare qualsiasi alterazione della nostra personalità. Perché ciò equivale a distanziarsi dagli altri non accettandosi.

I nativi digitali e il neolinguismo  letterario dei videogiochi. parte 1^    a cura di natale capodiferro

Nelle pagine di questo giornale abbiamo scritto tanti articoli pro e contro le nuove tecnologie e la perdita del nostro linguaggio ed altri ne scriveremo perché il tema è connaturato all’acquisizione delle problematiche dei ragazzi e perché sorgono spontanei tanti leciti interrogativi. Anche per chi, come noi, insegna.
La base comunicativa per i ragazzi nati dopo gli anni ‘90 deve essere riaggiornata a quello che è ormai, comunemente riconosciuto, il primo codice comunicativo con cui vengono a contatto, come scrive Paolo Ferri- insegnante di New Media e Tecnologie Didattiche all’Università Bicocca di Milano. Quello che, appunto,  incontrano , sin da piccolissima età quando entrano in contatto con le pulsantiere digitali di elettrodomestici e dei comandi luci e riscaldamento, dei video-touch-citofoni ma soprattutto con i pc, i tablet, i telefoni mobili o meglio gli smartphone.  I nativi digitali, dunque.
Ma chi sono i nativi digitali o digital natives o born natives o born digitals?  Lo spiega  Paolo Ferri, autore del saggio "Nativi digitali": “…. i bambini e i ragazzi nati negli anni 2000, quando la diffusione di Internet è diventata pervasiva. Questa generazione è diversa dai cosiddetti immigranti digitali (anche dai giovani che oggi hanno 18 anni) perché è la prima a manifestare un uso della Rete "social" (o 2.0), ha da subito confidenza con gli schermi interattivi (che sollecitano un apprendimento attraverso il "fare", più che attraverso l'"ascolto o la lettura") e si interfaccia con software che richiedono compiti cognitivi formalizzati già in età prescolare. Con evidenti ricadute psicologiche e pedagogiche che la rende davvero diversa rispetto alle generazioni che l'hanno preceduta…..”

Anche se non mancano voci contrapposte sulla vera esigenza di “datare” questa nuova generazione definita “nativi” puri,  differenziandola da noi “immigranti” e dagli studenti come “nativi spuri” , cionondimeno è interessante e intrigante la teoria del “fare” che sviluppa  il nativo come costruzione del “se”.

In particolare relazione ai videogiochi, in tutti i media possibili e immaginabili,  Ferri pensa che  giocare” significhi sviluppare la “capacità di porsi obiettivi, di raggiungerli, di imparare a cooperare(online), sperimentando ruoli differenti .


E davanti al gioco, dove è solo o spesso è lasciato solo, pur essendo vero che, al momento in cui capisce come si sviluppa il gioco, inizia a porsi degli obiettivi e  questi vengono finalizzati a quel gioco, che per quanto sia vero è pur sempre dettato dall’immaginazione e, se coopera e interagisce, lo fa in uno spazio virtuale, non in quello reale.

Diverso è caso in cui, molto probabilmente, l’autore vuole dirci che la storia  raccontata nei videogiochi, attraverso una presunta “articolazione narrativa”, è allo stesso modo “costruttiva” come un racconto di narrativa letteraria od altro. Tom Bissell-scrittore e creatore di videogiochi americano, afferma tale concetto, adducendo  inoltre  che  le storie dei videogiochi sono una nuova forma di narrativa i cui principi non sono stati ancora del tutto compresi e che gli obiettivi vengono diretti a storie vere arricchite da elementi di gioco.
Ma se è vero che il “fare” è importante, ancor più importante è "come arrivare al fare", senza essere indotti a farlo dalle circostanze tecnologiche presenti nell’ intorno del bambino. Non è vero allora che cresce quando si impossessa degli oggetti e gli esamina e  anche quando li usa in maniera errata, facendo sì da aumentare la propria autostima e forza nella conoscenza della realtà circostante, aiutato in questo anche dai genitori.
Parrà strano, ma come il bambino impara rielaborando sull’esperienza fatta e come  la storia narrata esercita in lui lo stimolo all’immaginazione, i giochi, pur  avendo delle variabili,  sempre finite però,      non possono sostituirsi  completamente alla personale rielaborazione del bambino. Il gioco, ripetuto,  indirizza  in tutte quelle che sono le sue varianti ma limita in questo caso fortemente le possibilità di spaziare del bambino. Diversamente da quanto si pensi comunemente, i pensieri non sono espressi in parole o in sillabe o vocali o consonanti, ma attraverso immagini che si formano nel cervello e queste non possono essere limitate da bivi o soluzioni.

È chiaro che i giochi futuri andranno sempre più avanzati ma è altrettanto importante che i videogiochi vengano  interpretati oggi, come domani, come un mezzo per arrivare a .... e non un finito narrativo da cui non si esce se non con una soluzione o diverse varianti.

Non c’è nulla di male ad ammettere che anche i videogiochi “educano” così come appare oggi il complesso multimediale messo a disposizione ma non sembrerebbe giusto attribuire  alle esperienze espedite dei giochi la complessa vicenda della educazione … to be continued

                                                 Mass Media e Social Network       a cura di Marino  Marina

Oggi giorno è sempre più intenso il rapporto della popolazione con i social network, ma in particolare con i giovani.
Sono proprio quest’ultimi ad avere avuto un impatto più forte con questi nuovi mezzi di comunicazione.
E’ proprio grazie a  queste nuove piattaforme sociali online, che milioni di persone riescono a tenersi  in contatto pur stando in parti opposte dell’emisfero,  mantenere o creare rapporti interpersonali o anche a mandare avanti progetti di lavoro, convegni , conferenze e così via. 
Adesso, se così fosse, tutto questo non sarebbe un problema, ma si sa che spesso si passa dall’utile al dilettevole e dalla moderazione all’eccesso. Infatti si è passato dall’utilizzarli in maniera moderata all’”abusarne”.   
Ormai le persone e in particolar modo i giovani trascorrono ore incollati al monitor come fosse una droga.
Facebook in particolar modo ha coinvolto così tanto i ragazzi italiani che non riescono a farne a meno. Sembra essere diventata, più che una moda o una tendenza, un altro livello di vita-parallelo a quello vissuto realmente- interagendo e condividendo e  scrivendo qualunque cosa si stia facendo, in definitiva una malattia.
Ormai le persone che soffrono di malattie depressive relative alla rete sono tantissime tant’è che sono nati veri e propri reparti in ospedale dediti alla cura di pazienti che ne soffrono.

Tutto questo “ perder tempo”, l’essere assorti in un mondo virtuale, distoglie le persone da ciò che di concreto e reale esiste, ciò che di tangibile c’è e si può creare. Con fortissimo impatto sulla società e su quello che sta accadendo.
Vi propongo una domanda:  quanti (me compresa), si collegano ad un social network per uno scopo che non sia guardare i profili altrui o farsi gli affari degli altri o semplicemente per “perdere tempo”?
Quindi, mi chiedo,  stiamo diventando dei “guardoni” o solo persone che, non sapendo impegnare il loro tempo, sentono necessariamente il bisogno di stare li ad osservare, leggere cavolate, pubblicare stati su stati e frasi  fatte, dette  e ridette per il solo scopo di essere “guardati” o twittati come si dice in gergo?
Tutto questo lo facciamo perché ci sentiamo così soli da inserirci in un contesto virtuale in modo  che la solitudine si senta meno?
Credo che “questi” social network ci rendano più  soli  di quanto già non siamo,  e ci fanno credere solo per un istante che le cose che si commentano o che “piacciono” agli altri siano importanti, ma … alla fine, nascono e finiscono lì … su di un monitor.
Inoltre non dimentichiamo che il tempo che perdiamo, non torna,  e ciò provoca non solo un forte impatto su noi stessi  e sulla nostra personalità  ma anche con la società;  tutto questo contribuisce ad impigrire la mente, e a far in modo che si ragioni sempre meno, mentre invece credo, che nella posizione nella quale ci troviamo attualmente, il paese abbia bisogno di persone capaci di pensare “ al reale” e non “al virtuale” evitando di perdere ulteriormente il contatto umano e tutti i sensi ad esso collegato.



Tutto a Portata di un "CLICK"    a cura di Marino Marina


La scrittura è da sempre considerata una delle più importanti scoperte dell’umanità. Molti la definiscono lo “spartiacque” tra preistoria e storia. E’ lungo il cammino della scrittura che ha subito evoluzioni nel corso del tempo; dalla scrittura su tavole di pietra, graffiti, pergamene, carta scritta a mano fino ad arrivare alla carta stampata, libri, fumetti, pagine web ed e-book. Molti si chiederanno….cosa sono questi famosi e- book?! Non sono dei semplici I- Pad, o Smartphone, bensì dei nuovi dispositivi capaci di portare in meno di 200 grammi un’ intera libreria. A differenza di dispositivi più comuni come Pc, I- Pad, cellulari, tutti dotati di luci dannose per la nostra vista, questi sono dotati di schermo di tipo e-ink. Utilizzati anche in ambiti scolastici o lavorativi, permettono un normale ed adeguato studio ad ogni singolo utilizzo.
Davvero questi nuovi dispositivi prenderanno il sopravvento sui cari vecchi libri che hanno attraversato secoli e secoli? Bè a quanto pare si,  in quanto sono in molti a volere lo sviluppo di questi nuovi “libri elettronici”, un po’ perché agevolano “la schiena” e un po’ perché in poco peso e spessore è possibile trasportare notizie di ogni genere e visualizzarle con un solo click. Altri vantaggi stanno nel risparmio di carta; non utilizzandola si aiuta l’ambiente e inoltre si fa in modo che i costi dell’editoria diminuiscano. Molto più facile oggi risulta pubblicare qualcosa sul web piuttosto che su carta, ma qualunque sia il mezzo di informazione basta che le notizie circolino e che ci sia scambio d’opinione pubblica.




Facile? No,  grazie!  a cura di Minchella Mara

La parola “facile” è usata spesso in vari contesti, anzi appena ci si trova di fronte a qualche problema subito si ricorre alle frasi tipo “ è' facile guarda su google ” , “cerca su Yahoo“,  è facile trovare ciò che si cerca”. Il lavoro personale è però inesistente, si riduce a un mero esercizio nei vari motori di ricerca. Anche una volta, quando usavamo la biblioteca, si cercavano le “parole”, ma era passo fondamentale successivo, a fronte della lunga interpretazione, fare una sintesi, la più coerente possibile.
L’aggettivo “facile” è sempre più di moda e viene associato ad altre “parole” e in vari contesti; in particolar modo la parola “successo” quando ci parlano di scappatoie e di scorciatoie per raggiungerlo. Così come il copia-incolla del facile dal web la facile ”imitazione” dei “vip” induce all’emulazione, che però ci sottopone in una specie di sudditanza fisica, psicologica e comportamentale, ovvero ancora, ci indirizza in uno spazio e in tempo diverso da quello reale.
Fantasie? Forse! ….Ma il vero modo per ottenere successo però è contare sulle proprie forze e puntare sul proprio valore e raggiungere degli obiettivi; in questo modo è molto più gratificante e molto più affascinante oltre che più completo e reale.
Il talento però deve essere curato come un piccolo germoglio che deve dare un frutto. Per avere successo a volte bisogna fare grandi sacrifici che spesso spaventano, ricorrendo a scorciatoie facili per non fare fatica. Ma il sacrificio è una tappa obbligatoria se si vuole realizzare un sogno. Può essere rappresentato da un lungo percorso di studi interni ed esterni, o da alcune esperienze o da grandi allenamenti. Solo applicandosi ed comprendendo possiamo far uso di ciò appreso e spenderlo nella vita, nella direzione che vogliamo. Ma non sempre si arriva all’apice e a volte bisogna sapersi valutare e valutare gli altri per i relativi obiettivi raggiunti. Il vero successo è il nostro progredire facendoci spazio, a volte con forza, per far emergere le nostre idee e progetti. Questo è il vero successo che si distingue dal successo facile.
Infine ognuno deve mettere a disposizione degli altri i propri talenti e, come diceva Don Milani, “ Il sapere serve solo per darlo agli altri”.


 Il business dell'export dei rifiuti  a cura di Silvestri Raffaela

Le apparenze ingannano…e come! L’Italia celebrata per l’arte, l’enogastronomia e la bellezza delle sue ricchezze naturali, mostra l’altra faccia della medaglia all'intero globo, ultima per crescita economica, per produttività e occupazione, detiene uno dei primati più sconcertanti e vergognosi, quello dell’export dei rifiuti. Infatti, in tempo di crisi, la politica macina nuove idee e proposte per trovare altre mete ai “preziosi” rifiuti, la cui più recente destinazione low-cost è l'Olanda, che si offre di bruciare i rifiuti italiani al modico prezzo di 150 Euro/Tonnelata. Già, incredibile ma i rifiuti dell’Italia sono profitto per gli altri Stati che li acquistano e li smaltiscono e trasformano in energia elettrica. Perchè ciò non accadae anche nel nostro Paese in quanto in diverse città sono presenti  pirogassificatori e termovalorizzatori, come nel caso di Parma, che però si è rifiutata di trattare i rifiuti prodotti dalla cittadinanza locale. Tra l'altro l’Unione Europea sta lavorando affinché si attivi presso a poco entro il 2020 , un divieto generale a livello europeo, delle discariche e degli inceneritori. Tuttavia, quello dei rifiuti è un problema che va ben oltre la questione economica, perché a rimetterci sono la salute e il benessere degli esseri umani e dell’intero ecosistema, che risentono notevolmente dell’ignoranza, dell’indifferenza e della speculazione a scopo di lucro, la "questio" ritorna indietro, come un boomerang, colpendo lentamente, lasciando un segno incisivo e intangibile, le malattie. 
Alcune di esse sono dovute all'accumulo dei rifiuti indifferenziati sia nelle zone extraurbane sia nelle discariche, che permette a molti animali antropici quali volatili, cani e gatti randagi e ovviamente ratti, di cibarsi. Di contro, questi animali,  sono portatori di molte patologie per l’ uomo, tra queste le malattie virali e gastroenteriche, malattie causate da protozoi come la leishmaniosi e la toxoplasmosi, altre, invece, che colpiscono l’apparato respiratorio, sono invece causate in particolar modo dallo sprigionamento di diossina ed altre sostanze nocive che si disperdono nell'aria. 
Sebbene la situazione dei rifiuti e del loro smaltimento sia molto complessa, vi sono diverse soluzioni efficaci da poter applicare. Per metterle in atto, però, bisogna che ci sia più informazione, rispetto ed educazione al senso civile di tutti i cittadini sia dirigenti sia comuni.

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